Nell'originale ambientazione della Manica Lunga del Museo di Arte Contemporanea del Castello di Rivoli, fino al 5 febbraio 2017 sarà possibile ammirare le installazioni dell'artista egiziano Wael Shawky.
Per l'occasione, l'artista ha voluto ridipingere le pareti interne di blu, come omaggio al blu di Giotto e quindi al Medioevo italiano, così come ha voluto utilizzare il rosa "di Giotto" per le costruzioni in cartongesso.
I contenuti delle installazioni, come il titolo della mostra, sembrerebbero un atto di accusa verso i tentativi di occupazione dei territori islamici da parte della nobiltà cattolica europea del periodo medievale; ma questo contenuto conflittuale viene ridimensionato dall'utilizzo di materiali della tradizione europea, in particolare dal legno veneto, dalle ceramiche provenzali, dal vetro di murano e dal marmo di Carrara.
Soffermandosi sulle tecniche di lavorazione dei suddetti materiali si intuisce un altro punto di incontro (e non di scontro) tra le due culture: alcune tecniche furono importate dai paesi mediorientali e poi sviluppate ad alti livelli in Europa.
La prima opera che ci accoglie di fronte all'ingresso è un altorilievo di legno brunito, lavorato dai maestri falegnami veneti sotto la supervisione di Wael Shawky, che rappresenta diverse scene della presa di Costantinopoli (IV crociata).
Sulla parete opposta l'altorilievo che si ispira ad un artista fiammingo, racconta dell'adozione di Goffredo da parte dello zio, sotto le cui bandiere partì poi per la prima crociata nel 1096, rispondendo alla chiamata del papa Urbano II.
La prima crociata si concluse con una vittoria per i soldati cattolici, perchè portò alla conquista di Gerusalemme; poi però i libri su cui studiamo la storia europea si dimenticano di raccontarci quali altre violenze vennero perpetrate nei confornti dei vinti.
Questa "tavola" è piena di particolari nei quali si può notare la bravura dei maestri veneti.
L'ultimo altorilievo, il più grande, racconta la presa di Damietta, alla foce del Nilo, episodio della quinta crociata, decisamente fuori rotta rispetto alla Terra Santa.
Si passa poi ai lungometraggi di cui Wael Shawky è stato regista, scenografo, produttore e compositore delle musiche e invece di attori in carne ed ossa ha deciso di utilizzare le marionette, che nel caso del primo film sono quelle della tradizione siciliana, i pupi della Chanson de Roland.
Si tratta quindi di marionette di legno, vestite però con costumi originali, per rappresentare i soldati crociati e la popolazione araba. Il film inizia con la peste di Costantinopoli del 580, che decimò la popolazione e termina con scene di cannibalismo da parte dei crociati che, vittoriosi dopo la prima crociata, furono però stremati dai combattimenti rimanendo addirittura senza cibo.
La proiezione avviene all'interno di una costruzione in cartongesso che rappresenta un castello medievale.
Prima di raggiungere il "minareto" dove viene proiettato il secondo film, si può ammirare la l'installazione riguardante il paradiso islamico. Sembra una enorme tavolata dove il marmo di Carrara è protagonista e l'uomo è padrone della Natura, che viene relegata in quadrati di terra. La figura geometrica perfetta è il quadrato che simboleggia l'uomo.
Le marionette, che abitano il Paradiso e che sono protagoniste del terzo film, non sono più i pupi siciliani, ma hanno le fattezze di animali fantastici e sono realizzate in vetro d Murano; procedendo nella narrazione delle crociate, infatti, l'uomo perde la sua immagine umana e viene sostituito da creature provenienti da diverse culture.
Già nel secondo film le marionette subiscono una trasformazione: non sono più in legno, ma in ceramica provenzale e il loro aspetto si è in parte modificato. Questo lungometraggio tratta del periodo tra la prima e la seconda crociata ed è stato prodotto in Francia.
Il terzo film è proiettato su di una parete, perchè l'immaginaria città araba è ormai distrutta e addirittura sostituita da banchi di chiesa (presi effettivamente dalla vicina Collegiata Alta).
Il prologo racconta della scissione tra sunniti e sciiti: questi ultimi, avendo perso la battaglia di Carbala nel 680, divennero la minoranza all'interno della popolazione di religione islamica, quella più tradizionalista che addirittura arrivò a sostenere l'invasore crociato pur di riacquistare un po' di potere in patria.
Si narra poi della quarta crociata, che, nata per andare a liberare nuovamente Gerusalemme, si concluse con la conquista di Costantinopoli (1204) da parte (soprattutto) della Repubblica di Venezia. La Serenissima aveva accettato di farsi carico della nuova impresa, ma una volta ottenuto già un considerevole guadagno, non ritenne necessario spingersi fino in Terra Santa.
Wael Shawky ha vissuto tre mesi a Rivoli per allestire la mostra, con un ottimo risultato; impossibile però pensare di assistere interamente ai lungometraggi, che tra l'altro sono in lingua araba sottotitolati in inglese. Secondo il pensiero dell'artista, l'uso delle marionette al posto di attori veri avrebbe lo scopo di ammorbidire la brutalità dei contenuti, ma in alcuni casi sembrano accentuarla: forse perchè, di qualsiasi tipo sia la marionetta utilizzata, si percepisce maggiormente la "disumanizzazione" di vinti e vincitori, connotazione negativa di tutte le guerre.
Wael Shawky, "Le Crociate dal punto di vista degli Arabi", fino al 5 febbraio 2017 - Castello di Rivoli